Ad un certo punto l'uomo, per dare consistenza al linguaggio orale e far si che i messaggi potessero essere trasmessi, ha trasferito il sistema di segni-suoni, i fonemi, in un sistema di segni visivi, i grafemi o lettere, della lingua scritta.
La conquista della lingua scritta costituisce un fatto fondamentale sia nella storia di un popolo sia nella storia personale di ciascun individuo.




Possono considerarsi rudimentali forme di "alfabeto"  le prime scritture petrografiche,  anche se  queste fanno parte della scrittura ideografica, espressa cioè attraverso rappresentazioni ideo-pittografiche, espressioni simboliche di un concetto. E’ generalmente difficile distinguere fra tentativi di incisioni o di pittura come espressione magica ed artistica degli autori e la pittografia come espressione del pensiero da comunicarsi al prossimo.  I primi passi furono fatti con il segno "scrittura" pittografico o ideografico; l'ideogramma è un segno o un disegno che corrisponde a un'idea, quindi è anch'esso una forma di scrittura.  Presso gli Egiziani la scrittura si manifestò con segni pittografici isolati ( potremmo dire mobili): i pittogrammi.  Gruppi di questi segni messi in sequenza creano non più la rappresentazione di un oggetto ma, da come sono disposti, riescono a formare una frase  con il vantaggio di usare solo venti- trenta figure come base per esprimere uno o più concetti ben precisi. Non è ancora un vero e proprio alfabeto ma la filosofia della costruzione concettuale è quella (cioè dei "caratteri mobili" che qui diventano "figure mobili" che, distribuendole in un certo modo in una sequenza, compongono una frase ben precisa). La lingua scritta egiziana nasce come ideogrammatica cioè ad ogni segno grafico corrisponde una persona, un oggetto, un animale, un’azione.  Presto si comprese che una scrittura composta esclusivamente di ideogrammi era impossibile da gestire, non si poteva infatti inventare e ricordare un segno per ogni cosa (sembra che ne esistessero circa 3000 - ma pur essendo così tante non era facile esprimere una parola astratta o un verbo). Gli ideogrammi si specializzarono allora in fonogrammi cioe' ad ogni  segno  grafico corrispondeva un suono.  I fonogrammi, a loro volta, si suddivisero in: segni unilitteri che rappresentavano un suono; segni bilitteri che rappresentavano due suoni, segni trilitteri che rappresentavano tre suoni.

Poichè la lingua egiziana, come le lingue semitiche, non faceva uso, nella lingua scritta, delle vocali capitava frequentemente che parole  omofone (cioe' dal suono simile) quando venivano scritte, diventassero indistinguibili per chi le avrebbe lette. Per evitare questa confusione ad alcuni  ideogrammi fu attribuita la funzione di distinguere un geroglifico da un altro specificandolo; presero il nome di  determinativi. Ragioni di ordine  religioso, estetico, pratico, facevano sì che il modo di inquadrare i geroglifici fosse variabile: si potevano iscrivere in un quadrato, in un mezzo quadrato verticale, oppure  orizzontale, o in  un quarto di quadrato, inseriti in  colonne verticali, o in  linee orizzontali, mentre la direzione della scrittura poteva andare da destra a sinistra,  da sinistra a destra,  dal basso verso l’alto,  dall’alto verso il basso, o essere  mista: un movimento detto bustrofedico.  Presso i Sumeri l'evoluzione nel pittogramma diventa quasi subito un segno alfabetico.  La disputa che si trascina da anni è se nacque prima quella Egiziana o quella Sumerica. Mentre in Egitto i pittogrammi-ideografici restano ieratici (di esclusivo uso sacerdotale poi da questi derivarono quelli demotici, più popolari, come in Italia il latino e il volgare) scritti su papiro (gli Egiziani disponevano di questa singolare risorsa) presso i Sumeri l'evoluzione nel pittogramma diventa quasi subito un segno alfabetico, in una forma cuneiforme incisa su una tavoletta di argilla. La scrittura cuneiforme è un tipo di scrittura i cui segni sono una combinazione di tratti a forma di cuneo così detta dalla forma a cuneo dei suoi segni  che venivano impressi nell’argilla molle a mezzo di uno stilo di canna tenuto nel pugno e premuto nell’argilla ; i cunei erano a tre dimensioni e, dovendoli riprodurre su carta, si adoperano segni più o meno convenzionali. Di questi segni alcuni sono rappresentativi, altri simbolici, altri ancora fonetici con il valore di una sillaba. I principali popoli che si sono serviti dei cuneiformi come mezzo di scrittura sono: i Sumeri, popolo della Mesopotamia; gli Accadi (Babilonesi-Assiri); gli Elamiti della Persia; gli antichi Armeni; i Persiani dell’epoca achemenide; gli Hittiti; gli Huri; i Mitanni ed altre popolazioni della Cappadocia. La scrittura cuneiforme  fu decifrata da un giovane professore di ginnasio di Gottinga Georg Friederich Grotenfeld. Dopo l’interpretazione della scrittura cuneiforme la decifrazione più clamorosa delle scritture dell’antichità riguarda l’antico egiziano, i cui segni ideografici (cioè segni che, a somiglianza di quelli dei graffiti preistorici, danno una rappresentazione grafica, non lessicale, delle idee) detti geroglifici, furono interpretati nel 1822 dal francese Jean Francois Champollion. Già del 1799 era stata ritrovata in Egitto, durante le campagne napoleoniche, la famosa stele di Rosetta, che conteneva un testo del 196 a.C. in egiziano antico, in caratteri geroglifici e demotici, e con una sottostante traduzione in lingua greca. Champollion, fondandosi sulla conoscenza già acquisita  che i nomi di stirpe    reale erano    inclusi in una specie di “cartello”, riuscì a decifrare, in un obelisco portato da Philae dal Bankes, il nome di Cleopatra che si trovava anche nella parte greca dell’obelisco stesso. Nello stesso obelisco di Philae si trovava anche il nome di Tolomeo scritto in modo identico a quella della stele di Rosetta.

Alcuni segni si confermavano e si integravano a vicenda, perché alcuni segni alfabetici erano comuni. Ma ciò non era ancora sufficiente e solo dopo ulteriori ricerche e studi il vero valore della scrittura geroglifica, come fusione di ideogrammi e di segni con valore alfabetico apparve con chiarezza. Ancora oggi non si sa con esattezza se l’invenzione della scrittura debba essere attribuita agli Egiziani o ai Sumeri. Inoltre il ritrovamento delle 14 ”Tavolette tartaria” rinvenute pochi anni fa sui Balcani, ovvero dove secondo gli studiosi non avrebbero dovuto esserci, cioè nella Tracia antica, sul Mar Nero. Esse sono state scritte intorno al 3500 a.C. in una forma quasi cuneiforme ma con aspetti pittografici. Si tratta di figure piccole o di segni incisi che non sempre corrispondono ad un oggetto, ad esempio appare la”n” che sia in sumero sia in egizio rappresenta l’acqua mossa di un fiume. Ed è un segno che hanno utilizzato tutti per dire la stessa cosa ed è un segno che non è mai stato abbandonato dagli alfabeti successivi, dal fenicio fino ai giorni nostri.  
 

Cinquecento anni dopo le tavolette compare in Mesopotamia la cuneiforme (3000 a.C.) e appare quasi subito come una specie di alfabeto fatto di segni incisi nell’argilla. Nello stesso 3000 a. C. in Egitto appare la pittografica modificata in pittogrammi e diventa anch’essa quasi alfabetica (le figure ideografiche divennero ideogrammi e, in seguito, alcuni di essi ideo-fonogrammi).
La scrittura geroglifica, pur avendo un numero notevole di ideogrammi (circa 3000) permetteva una limitata capacità espressiva; non era per esempio possibile trovare un segno che esprimesse parole astratte, nè verbi e, per sopperire alla necessità di una più ampia espressione scritta, fu adottato il sistema
acrofonico di scrittura. Ogni rappresentazione ideogrammatica aveva un suono corrispondente. Questo suono acquistò il valore di una sillaba e fu usato per comporre quelle parole che non potevano avere un'espressione ideogrammatica, in cui appunto ricorresse il suono. Si estendevano così - con pochi segni- le possibilità di espressione della scrittura ideogrammatica. Insomma l'idea egiziana è la stessa di quella sumerica, cambia la tecnica nel rappresentarla e il supporto. Cioè fare dei segni mobili per creare dei fonemi e quindi delle frasi con pochi segni, quelli di base, quelli che l'uomo é capace di emettere con la laringe (che sono in totale - le consonanti più le vocali - 122 suoni). Base che sostiene l'idea sostanziale di tutti gli alfabeti. E su questa base i fenici lavorarono, ma omettendo di scrivere assieme alle sillabe le vocali. Arriviamo dunque al vero e proprio alfabeto nella scrittura: al fenicio.    Ai fenici, le ultime scoperte inducono a non contestare più il merito dell'invenzione o scoperta dell'Alfa-Beto (che sono poi questi i primi due segni della serie dei 22 fonogrammi) che corrispondono tutte a un suono articolato (la novità fu appunto questa). Abbiamo accennato scoperta, perchè anche ai Fenici sembra che l' idea sia venuta osservando (loro che viaggiavano molto) i segni egiziani, quelli mesopotamici, gli ideogrammi cretesi, e  ora sappiamo dell'esistenza delle Tavolette  Tartaria in Tracia sul mar Nero, e forse proprio qui ai fenici venne la singolare idea. Il più antico documento a noi pervenutoci con i primi 20 segni, detto Alfabeto n. 1, é quello di Ugarit del 1650 a.C. (in questa città era in uso, ed é abbastanza singolare, già da 1350 anni il cuneiforme sumerico con tante variazioni). Ma devono passare altri 664 anni perchè l'alfabeto fenicio arrivi a una evoluzione con quello di 22 lettere (detto Alfabeto n. 2) nel 986 a.C., sempre a Ugarit (Iscrizione della Stele d'Hiram).

Come abbiamo detto la scrittura alfabetica vera e' puramente fonetica: ogni segno in essa rappresenta un'unica consonante o un'unica vocale ed ha un valore costante ed invariabile. In Grecia Plinio ci tramanda nel 70 d.C. le sue ricerche-conoscenze e scrive che la scrittura alfabetica nacque a Tebe dall'eroe Cadmo (fratello di Fenice, il colonizzatore della Fenicia, e marito di Armonia, figlia di Afrodite e di Ares), che la introdusse dalla fenicia nel 1519 a.C. durante la migrazione a Tebe (in Beozia)   con 16 lettere, che Palamode nel 1220 a.C. ne avrebbe aggiunte altre tre, e che infine nel 627 a.C. Simonide altre quattro (ma altri narrano che fu Epicarmo ad aggiungere queste ultime quattro, e solo nell'anno 472 a.C.). Tale tradizione troverebbe conferma nella somiglianza con l'alfabeto ebraico (Ebrei e Fenici avevano stretta parentela) con quello greco: 22 lettere sovrapponibili nella forma, nel nome e nell'ordine di successione. Resta comunque un dato fermo ovvero che l'alfabeto fenicio sarebbe il piu' antico e l'origine di tutti gli altri alfabeti del mondo antico e moderno. Precursore di questo sistema di scrittura sarebbe comunque il geroglifico egiziano, adeguatamente semplificato. In questo sistema dai valori ideografici e sillabici si era arrivati, applicando il principio dell'acrofonia, allo sviluppo dei valori puramente consonantici. Ma non tutti gli Egizi compirono questa trasformazione radicale e solo i popoli semitici fecero un passo decisivo a proposito. Infatti le famose iscrizioni sinaitiche, scoperte dal Petrie nel 1905, risultavano indecifrabili tentando di leggerle come egiziano geroglifico (come dunque apparivano scritte): furono quindi i Semiti del Sinai i primi e veri inventori della scrittura alfabetica, applicando il principio dell’acrofonia al valore ideografico dei segni nella loro lingua. Piu' tardi i Fenici presumibilmente modificarono almeno la forma dei segni singoli, mantenendo invece invariato il sistema: ecco aleph (toro in semitico) per la prima lettera, la testa del toro; bayt (casa in semitico), la casa in pianta in geroglifico egizio per la seconda lettera, sostituita dalla tenda triangolare dei nomadi; il profilo del cammello (gamal) per la g e cosi' via...

 Quale che sia la vera origine primigenia dell'alfabeto, Byblos, antica e fiorente citta' sulla costa fenicia, emporio del commercio tra la Siria e l'Egitto (il papiro, il materiale su cui scrivere per eccellenza, ne era uno degli elementi più cospicui) fu il centro di diffusione di questa notevolissima invenzione, tanto e' vero che i Greci diedero il suo nome al libro. Proprio a Byblos e' stato ritrovato il piu' antico monumento dell'alfabeto fenicio: l'iscrizione funeraria del re Ahiram, databile attorno al XIII sec. a.C.. Gli studiosi, dall'analisi comparata di questa ed altre iscrizioni, ci dicono che la scrittura fenicia, aveva la caratteristica di essere tendente al corsivo, proprio perché doveva esser usata principalmente per scrivere (inchiostro o calamo su papiro, piuttosto che scalpello su pietra).  Da quello fenicio, nei successivi secoli (circa 16), prendendo diverse direzioni, derivarono poi tutti gli altri  tre grandi gruppi:

Dall’Arameo derivano l’Arabo, l’Armeno, l’Ebraico, il Georgiano, il Mongolo, il Parsi, il Pehlevi ed il Siriaco.

Dal Sabeo, l’Etiopico e l’Indiano, e il primo si divide in Amarico, Birmano, Coreano, Giavanese, Tai, Singalese. Il secondo si divide in Nagari- Dravico, con il Bengali, Cascemir, Malese, Tibetano, Kanarese, Tamil, Telugu.

Dall’Ellenico deriva il Copto, il Greco, il Latino, il Russo.

Nell'Asia orientale e sudorientale sono diffuse due scritture d'origine diversa: una alfabetica, di derivazione indiana, presente in gran parte dell'Indocina e in Indonesia, l'altra ideografica, di derivazione cinese, presente in Vietnam, Corea e Giappone. In Cina, a partire dalle prime rozze iscrizioni su ossa di animali o gusci di tartaruga del II millennio a.C., la concezione ideogrammatica produsse numerosissime forme di scrittura: i segni-parola contenuti nel primo grande dizionario del Kangxi, composto tra il XVII e il XVIII secolo, sono 44.449 e molte migliaia di essi sono tuttora in uso. Un numero tanto alto di segni (oltre 210 sono le radici grafiche che permettono di comporli) non poteva non tenere la scrittura in Cina lontana da un uso generalizzato, almeno fino alle grandi campagne di alfabetizzazione promosse dal governo comunista dopo il 1950. In Giappone le scritture sillabiche, derivate nei secoli dagli ideogrammi cinesi, non li sostituirono mai completamente, così che andò strutturandosi una scrittura giapponese basata contemporaneamente su tre tipi di caratteri: ideogrammi cinesi, katakana e hîragana. Di difficile decifrazione sono le scritture dell'America precolombiana: gli Aztechi usavano una scrittura di tipo pittografico, i Maya una, più progredita, di tipo essenzialmente ideografico ma con una presenza di segni fonetici.

La nozione di scrittura si sovrappose spesso a quella di calligrafia, ossia di bella scrittura: nell'alfabeto latino si usavano in origine solo le maiuscole e l'introduzione delle minuscole derivò soprattutto da un tentativo di semplificazione. Gli Arabi considerarono sempre un'arte la scrittura: già prima del Mille, a Baghdad, Ustad Ahwal compose il primo canone calligrafico e nello stesso periodo probabilmente a Kufa, città da cui prende nome, fu elaborato l'armonioso e ornato stile cufico, che conobbe una straordinaria fortuna sia nelle arti minori (manoscritti, monete, tessuti, ceramiche) sia nella decorazione architettonica. 

 

E dopo tanti anni  il segno grafico è diventato oggetto di studio per quel che riguarda la proiezione del nostro inconscio nella scrittura.
L’affascinante viaggio nel mondo della scrittura continua attraverso la Psicologia della Scrittura e la grafoanalisi di ogni  segno di ogni singolo grafema  e della sua storia.

 


Legge numero 4:
Legge di rappresentazione grafica

La scrittura spontanea è il prodotto della zona subcorticale, quindi del neurovegetativo, quindi dell'inconscio, in essa confluisce l'Io nella sua integralità: intelligenza, sentimento, volontà con adattamento alle occasioni di proiezione di ciascuna caratteristica offerta dal modello calligrafico. Ne risulta nella scrittura l'immagine visibile, dislocate e condensate dell'attività vitale dell'Io.

da” Fondamenti e leggi della Psicologia della Scrittura”
di
Marco Marchesan




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